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Quanto si recupera dopo un ictus?


Sapere quanto si può recuperare dopo un ictus è
una delle prime domande alla quale si esige una risposta,

purtroppo è una di quelle domande alla quale anche i professionisti  rispondono con difficoltà.

Proverò io a darti una risposta anche se non è semplice, infatti questo è uno degli articoli che mi ha messo più in difficoltà.


In questo articolo inoltre, proverò a rispondere anche alle
altre 2 domande strettamente connesse col "quanto si può
recuperare" e sono:

-- Dopo quanto tempo dopo l'ictus si può recuperare?

-- Ha senso pensare alla riabilitazione dopo tot anni?


Queste sono le domande alle quali mi trovo più
frequentemente a rispondere alle email che ricevo tutti i giorni.

Quanto si può recuperare dopo un ictus?

Come sai nelle ore successive ad un Ictus, a volte non si è nemmeno certi che 
lo sfortunato colpito,  possa addirittura sopravvivere

per questo il professionista prepara la famiglia anche a
l'eventualità più drammatica, quindi la prima risposta a questa domanda è abbastanza grave.

Nei giorni successivi all'ictus, quando nei casi favorevoli la
situazione clinica si stabilizza, i familiari ripropongono questa
domanda, ed il professionista in genere tampona, facendo presente la gravità della situazione e la fortuna che il caro sia sopravvissuto.

Ogni ictus è un mondo a se, ed ogni situazione è
esclusivamente individuale, quindi quello che ti racconto devi
prenderlo con intelligenza.


In seguito il professionista dirà che se ci sarà
un recupero rapido
entro le prime settimane allora la situazione
sarà più favorevole,


mentre se la paralisi persiste per più tempo, allora le possibilità di
recuperare un movimento autonomo saranno minime


in quelle stesse situazioni si sentono frasi del tipo " il braccio è morto, non ci sono speranze", "la mano è andata", 

per la gamba ed il cammino invece le prognosi sono generalmente più favorevoli, ma anche su questo argomento dovremo fare delle precisazioni...

Personalmente non sono un amante del termine "morto" quando i miei pazienti mi raccontano questa frase, con tristezza penso che l'unica cosa "morta" in quelle circostanze è la nostra capacità di voler cambiare le cose.



Se il recupero post ictus è così difficile è colpa nostra che lo studiamo tutti i giorni e che dovremmo trovare delle soluzioni
sempre più efficaci
per offrire una maggiore speranza a chi è stato miracolato da una parte a sopravvivere ad un ictus,
ma sfortunato dall'altra ad averlo subito.

Quando i miei pazienti mi raccontano di aver sentito questa frase "il braccio è morto" gli faccio vedere sempre questa foto che porto con me nel cellulare, è di Berardo un mio paziente che in una nota clinica di Berlino oltre a dirgli che il braccio era "morto" gli hanno detto che avrebbe avuto anche una aspettativa di vita di non superiore ad un un anno e mezzo.


quella con la quale sta scrivendo il mio nome è la mano che doveva essere morta,  ora sono passati 3 anni dall'ictus e lui ha 81 anni,
mi dice sempre che vorrebbe tornare a Berlino a fargli vedere a quel medico la sua mano...

Ora però fai attenzione, ti racconto questo aneddoto di
Berardo, non per dirti che tutte le situazioni possono avere questo
esito, sicuramente il caso di Berardo è particolare, ho
avuto la possibilità di lavorarci personalmente per molto
tempo, probabilmente la lesione che ha ricevuto si prestava
positivamente e tanti altri fattori difficili da mettere sul piatto
della bilancia,


scrivo di Berardo perché anche a lui
è stato detto che il braccio era morto
e che non si sarebbe
alzato della carrozzina, mentre ora svolge alcune attività
con la mano e cammina (ancora non sono del tutto soddisfatto del suo cammino), ma continua a migliorare e lavorare con entusiasmo.

Quanto si può recuperare?


Ogni situazione va considerata a se e ci sono delle valutazioni da fare:


-- Ogni ictus danneggia il cervello di chi lo riceve in modo diverso


-- Ogni persona che subisce un ictus è diversa dall'atra

Quindi il professionista che si trova di fronte ai referti del paziente
non è sempre in grado di offrire una previsione coerente,


pensa che al momento ho 2 pazienti, uno che ha una lesione al cervello grande come la testa di uno spillo, pochi millimetri, mentre l'altro ha una lesione davvero estesa che coinvolge quasi mezzo cervello,

Sta recuperando più rapidamente proprio al paziente con il danno più esteso. 
Quindi pronunciarsi è davvero difficile.

Quello che spesso ripeto ai miei pazienti è questa frase
alla quale tengo molto e sintetizza il mio pensiero su questo argomento:
" non so dirti quanto recupero esatto la natura abbia messo a disposizione per te, quello che so dirti è quello che va fatto per poter sperare di raggiungerne il più possibile" 

Infatti dopo un danno abbiamo un recupero potenziale che la Natura ci mette a disposizione, ma per raggiungerlo al massimo è necessario fare le scelte giuste,

non si tratta infatti di QUANTA fisioterapia
bisogna fare, il punto è QUALE fisioterapia fare per pensare
di raggiungere tutto quello che la natura ci ha messo disposizione.


Per farti un esempio non raggiungerò lo stesso recupero se
farò 1 ora di ippoterapia al giorno piuttosto di effettuare 1ora di riabilitazione neurocognitiva (metodo Perfetti) al giorno, i risultati saranno indubbiamente diversi.

Non raggiungerò lo stesso recupero che ho a disposizione
facendo 1 ora di rinforzo dei muscoli al giorno di quanto ne potrei
raggiungere con una ora di riabilitazione neurocognitiva.

Quindi  tieni a mente che, NESSUNO saprà dirti con
esattezza quanto si può recuperare dopo un ictus,

e veramente POCHI sapranno dirti invece con esattezza cosa bisogna fare per raggiungere il recupero potenziale che a ognuno di noi spetta.

Purtroppo non c'è una scelta unica seguita
da tutti, navighiamo infatti in un mare di confusione, quindi la scelta deve essere fatta in modo consapevole e deve basarsi sulla
ragionevolezza
di quello che ti viene raccontato.

Tutto il recupero che otterrai, sarà il risultato del
rimodellamento del tuo cervello, intendo dire che l'ictus ha
danneggiato alcune aree
del cervello e con esse le funzioni cognitive collegate, per recuperarle bisogna fare esercizi
per riorganizzare le funzioni alterate
.

Per fortuna il cervello è un organo plastico, voglio dire
che è un organo che è in grado di modificarsi sulla base delle esperienze che vive.


Se ci pensi, quando vuoi imparare a suonare il pianoforte, sarà più facile se un insegnante ti insegna le note la musica i suoni e la tecnica o pensi che tu possa imparare se fai solo esercizi di rinforzo per le dita?

In questo caso si parla di apprendimento, dovrebbe essere lo stesso anche quando si parla di recupero

Dopo quanto si può recuperare?  
Ha senso parlare di riabilitazione dopo un tot di anni ? 

Rispondo in breve perché mi sto dilungando troppo:

Chiaramente nei primi 2-3 anni in seguito all'ictus, i miglioramenti
saranno più evidenti ( sempre in base a quello che si fa...),

mentre nei periodi successivi i miglioramenti saranno più graduali,
ma ricordati Berardo, ha 81 anni e dopo 3 anni dall'ictus, ancora ci godiamo i piccoli miglioramenti che rendono la qualità di vita sempre migliore.

Credo che però il punto sia un altro, abbiamo detto che il cervello è plastico e può sempre imparare e migliorare anche se con il passare degli anni sempre in modo più graduale, allora senza dubbio è sempre opportuno puntare a migliorare la qualità di vita e
avvicinarci a quel recupero che la natura ci ha messo a disposizione.

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RIABILITAZIONE NEUROCOGNITIVA

La riabilitazione neurocognitiva è più conosciuta come Metodo Perfetti, dal nome del medico italiano che alla fine degli anni sessanta ideò un approccio terapeutico innovativo indirizzato al recupero dei pazienti con ictus e con lesione cerebrale.

Un po' di storia.. 

Carlo Perfetti nasce in Toscana nel 1940 e si specializza in Clinica delle malattie mentali e nervose. Alla fine degli anni sessanta in un periodo in cui le scienze di base come neurologia, la psicologia e la neurofisiologia stavano vivendo notevoli cambiamenti e dove era sempre più ricorrente lo studio delle funzioni cognitive, Perfetti inizia a interessarsi di riabilitazione e nella fattispecie della riabilitazione del paziente con paralisi cerebrale infantile (P.C.I.), con ictus e spasticità. Fino a quel periodo gli aspetti cognitivi non erano stati considerati a sufficienza per le evidenti difficoltà di analisi e misurazione di tali fenomeni mentali e perchè lo studio dei riflessi e della conduzione era arrivato al suo apice. In quello stesso periodo le proposte riabilitative più in voga erano di tipo neuromotorio come Kabat e Bobath e Perfetti proprio su quest'ultima pose la sua attenzione perchè a suo parere la più rigorosa, ma presto approfondendo lo studio si accorse che mancava di alcuni presupposti fondamentali per ottenere il recupero del paziente: il ricorso ai processi cognitivi. Perfetti ebbe il merito di trasferire anche nel mondo della riabilitazione quel moto scientifico che richiedeva il coinvolgimento delle funzioni cerebrali per uno studio più completo del comportamento umano e da qui iniziò a dare vita a una nuova teoria della riabilitazione. La seguente è l'ipotesi di studio alla base della Teoria Neurocognitiva della Riabilitazione elaborata dal medico toscano:

"la qualità del recupero, sia di tipo spontaneo sia guidato dal riabilitatore, dipende in maniera strettissima dal tipo dei processi cognitivi attivati e della loro modalità di attivazione." 

In altre parole il recupero del paziente non è solo il risultato delle attività di fisioterapia, ma in parte avviene anche spontaneamente, in entrambi i casi la qualità dei miglioramenti ottenuti dal paziente dipendono dalla stimolazione specifica dei processi cognitivi . Carlo Perfetti morì all'età di 80 anni il 30 dicembre del 2020 lasciando il segno come uomo di scienza e una grande eredità intellettuale. È stato un abile formatore, dando vita a scuole di formazione e si è sempre esposto per garantire la migliore formazione possibile per il fisioterapista. Durante il periodo di attività si trasferisce in Veneto per dirigere il reparto di riabilitazione di Schio e poi la clinica Villa Miari a Santorso.

Qual è la differenza tra Etc Metodo Perfetti e Riabilitazione Neurocognitiva? 

Sono tutti nomi che nel corso degli anni si sono susseguiti per identificare l'approccio di riabilitazione ideato da Perfetti, addirittura il primo nome è stato Controllo Sequenziale Progressivo e l'ultima proposta è stata Confronto tra Azioni. In molti si chiedono il motivo della presenza di così tante definizioni per uno stesso concetto. Il Prof Perfetti è stato uno studioso di grande rigore con un'attenzione particolare al linguaggio e all'epistemologia. La teoria che si stava costruendo grazie alle sue intuizioni, al lavoro costante in palestra dei suoi allievi e ai nuovi contributi scientifici era in continua evoluzione. Mentre la teoria cambiava e si adattava alle nuove scoperte, anche la parte operativa subiva uno sviluppo e per questo sentiva l'esigenza di definizioni che fossero adatte e non fuorvianti. La parola Metodo preceduta dal suo nome, era il modo più semplice e diffuso per identificare il suo operato, ma Perfetti non ha mai accettato la parola "metodo", perchè insieme alle tecniche era proprio quello da cui cercava di allontanarsi, ovvero da procedure standardizzabili e strutturate, fatte magari manovre e posture specifiche per le varie malattie. Anche in questo blog utilizzo la parola metodo ed ogni volta sono consapevole di non rispettare lo stesso rigore del Professore, ma dall'altra parte sento la necessità di provare a semplificare per lo meno la questione dei termini, ai lettori che sono pazienti e familiari le cui esigenze sono pratiche. Esercizio Terapeutico Conoscitivo (ETC) è l'altro nome che si è susseguito nel tempo e spiegheremo successivamente il motivo del termine "conoscitivo". In seguito si faceva strada il termine riabilitazione cognitiva o meglio Riabilitazione Neurocognitiva, dove il termine neuro identificava la componente corporea, biologica alla quale si associava quella cognitiva, della mente. Anche in questo caso per distinguerla dall'intervento esclusivamente psicologico, che comunque ha lo stesso nome e per offrire il giusto tributo e riconoscimento al suo ideatore, viene spesso aggiunto "secondo Perfetti". Personalmente sono consapevole che la teoria neurocognitiva è lontana dall'essere perfetta, corretta e vera, come del resto tutte le teorie e ha bisogno di essere messa alla prova continuamente, migliorata e perfezionata anche grazie al lavoro quotidiano di tutti i riabilitatori e per questo negli anni continuerà a mutare incidendo anche sull'approccio, modificandolo e adattandolo nel tempo, tuttavia la mia decisione personale è di continuare a utilizzare: Riabilitazione Neurocognitiva secondo Perfetti come termine da privilegiare consentendomi delle licenze nell'utilizzo del meno rigoroso Metodo Perfetti per amor di semplicità ed Esercizio Terapeutico Conoscitivo per amor di memoria.

Su quali principi si basa la riabilitazione di Perfetti? 

C'è un assunto che può aiutare a comprendere immediatamente perchè la neurocognitiva si distingua dalle altre proposte terapeutiche. 

"Un ictus colpisce il cervello e non i muscoli" 

Può apparire come uno slogan e una ovvietà, è chiaro che un ictus colpisca il cervello e non i muscoli, formalmente non ci sono dubbi, ma è nella pratica che questo concetto non viene rispettato, perchè nelle palestre riabilitative siamo spesso abituati a vedere il paziente post ictus sottoposto ad esercizi passivi dove riceve mobilizzazioni delle articolazioni, stiramenti dei muscoli e tentativi di rinforzo senza considerare le funzioni cognitive del malato. 

Parlare di disturbi cognitivi del malato con ictus è sempre piuttosto complesso, perchè sia il paziente che il familiare non si riconoscono con la parola "deficit cognitivi", sono infatti portati a confondere gli aspetti cognitivi con l'intelligenza o la personalità che spesso dopo un ictus non si modificano e ritengono che siano necessari solo esercizi motori e che quelli cognitivi siano adatti solo per chi ha demenze o deficit mentali. Qui veniamo ai principi della teoria neurocognitiva della riabilitazione, il primo vede il movimento come un aspetto che non si può separare dalla percezione. Proviamo a pensare di muoverci senza però percepire cosa avvenga nel nostro corpo e quando entriamo in contatto con gli oggetti. Il movimento viene generato proprio sulla base delle informazioni che si generano dalla relazione con l'ambiente e il movimento effettuato ha come scopo quello di costruire informazioni sempre più raffinate. Si tratta di una relazione circolare tra movimento e informazioni e questo rappresenta un'atto ben preciso rivolto al conoscere; quando ci muoviamo non stiamo solo contraendo fibre muscolari, ma stiamo conoscendo. Per questo uno dei nomi della riabilitazione di Perfetti è stato proprio Esercizio Terapeutico Conoscitivo, perchè rivolto a quei processi cognitivi o meglio conoscitivi in grado di permetterci di entrare in relazione con l'ambiente attraverso il movimento; di conoscerlo.

Mi immedesimo nello studente o nel persona che approda a questa pagina in cerca di risposte ed invece rischia di uscire con più domande di prima; ha tutta la mia comprensione perchè io stesso nel periodo dell’università rimanevo perplesso durante le lezioni dei professori che spiegavano il metodo di Perfetti, io insieme a tutti i miei colleghi studenti del corso di fisioterapia volevamo vedere gli esercizi e queste spiegazioni ci sembravano fantasiose divagazioni filosofiche lontane dalla nostra professione fatta di manovre e tecniche precise da proporre nelle terapie. 

Prima di procedere con i principi, trovo utile per questo mostrare un esempio di esercizio su cui poi intavolare la discussione. 




Dal video possiamo dedurre che si tratta di un'attività di fisioterapia che si rivolge agli aspetti fini del movimento, ma la caratteristica che più colpisce di un esercizio come quello mostrato, è la presenza di un problema. Non si tratta di un problema esclusivamente cognitivo come accade nella valutazione neuropsicologica e non si tratta nemmeno di una stimolazione esclusivamente motoria, qui il paziente per risolvere il problema proposto dal terapista deve usare diversi fattori cognitivi come l’attenzione, la memoria e apprendimento, ma allo stesso tempo sta imparando a controllare coscientemente il proprio corpo. Dopo un ictus cerebrale alcuni pazienti, lamentano che i muscoli non si contraggono a dovere, ma molti altri pazienti riferiscono che il corpo non risponda ai loro comandi e questo comincia a essere diverso e più vicino allo specifico della patologia: ovvero la difficoltà di organizzare coscientemente le attività motorie. Quest'ultima abilità deve essere al centro del processo di apprendimento del paziente durante i trattamenti di neurocognitiva, il paziente deve imparare nuovamente a gestire il proprio corpo e a interagire con l'ambiente, per fare un esempio deve mettere in atto tutte le abilità che sono richieste quando impariamo uno sport o un nuovo strumento musicale. Quando andiamo dal maestro di musica per imparare a suonare il pianoforte, questo non ci offrirà esercizi di rinforzo delle dita, di stretching e di mobilizzazioni delle articolazioni, ma inciderà sul nostro apprendimento con esercizi necessari che richiedano la nostra attenzione e la nostra abilità di sentire e controllare il nostro corpo, la nostra memoria. Allo stesso modo in fisioterapia si dovrebbe avere la stessa attitudine, specialmente con i pazienti che vivono le conseguenze di un ictus, in quanto hanno perduto la capacità di svolgere funzioni altamente complesse come quelle di afferrare e manipolare oggetti, camminare e comunicare tramite il linguaggio. Se il professionista dirige i trattamenti esclusivamente al corpo fisico rischia di non incidere su tutte le abilità che servono per imparare di nuovo a gestirlo. azqPerfetti definisce il recupero come un processo di apprendimento in condizioni patologiche, significa che il paziente per poter recuperare deve poter ricevere terapie in grado di incidere sui suoi processi di apprendimento e le competenze della fisioterapia devono essere rivolte ad approfindire quali strategie rendano possibile tale apprendimento e quali fattori incidano sulla neuroplasticità. 

"Un ictus colpisce il cervello e non i muscoli" 

Questa semplice frase ha anche un altro significato, intende sottolineare che un’emorragia cerebrale o un'ischemia cerebrale non colpiscono direttamente il corpo, anche se è lì che vediamo le menomazioni, non è il corpo che vediamo e che tocchiamo ad essere la sede specifica del danno. Nel cervello vengono proiettate tutte le informazioni provenienti dai nostri recettori; dalla superficie recettoriale visiva, acustica, uditiva e anche da tutta la superficie recettoriale corporea. Tutte queste informazioni provenienti dal corpo che ci informano su cosa stiamo toccando, sulla nostra posizione nello spazio e sulle nostre emozioni si dirigono a diverse aree del nostro sistema nervoso centrale, alcune di queste aree formano delle vere e proprie rappresentazioni del nostro corpo e che servono per organizzare il movimento. Ciò che non è sempre immediato poter comprendere è che nel cervello ci sono numerosi proiezioni del nostro corpo e queste servono per poter muoverlo e grazie a tale movimento poter percepirlo, per questo il corpo più che come un mezzo di locomozione viene interpretato dal riabilitatore neurocognitivo come una superficie recettoriale.

Per quali patologie è adatto il Metodo Perfetti? 

In questo blog, in rete o sui social il lettore avrà avuto l'idea che il metodo sia esclusivamente rivolto a pazienti con esiti di ictus, a coloro che ne vivono le conseguenze come emiparesi ed emiplegia. Quest'impressione nasce dal background stesso di Perfetti il cui primo interesse per la riabilitazione nacque proprio nel contesto neurologico per poi proseguire nelle esperienze di gestione clinica di strutture ad alta concentrazione di pazienti con ictus. La maggior parte degli allievi di Perfetti hanno seguito la sua stessa passione per la riabilitazione post ictus, anche se alcuni hanno applicato la teoria neurocognitiva allo sport, ai pazienti con parkinsonismi, dolore neuropatico, sclerosi multipla e lesioni midollari. Anche nel mio caso specifico da allievo di Perfetti ho ereditato la passione per la cura dei pazienti con ictus e ho rivolto tutta la mia carriera e ricerca proprio in questa direzione, ma questo non significa che il metodo Perfetti non sia possibile dirigerlo ad altre patologie. In aggiunta le lesioni cerebrali causate da un ictus, un trauma o da un tumore sono corsie preferenziali per lo studio delle funzioni cerebrali che si adattano particolarmente alla riabilitazione cognitiva.

Tutti i nostri servizi di riabilitazione fanno perno sul recupero da ictus e quando ci riferiamo a ictus, intendiamo tutte le patologie che hanno determinato una lesione al cervello o cervelletto. I programmi di neurocognitiva realizzati per ogni singolo soggetto sono personalizzati, dalle visite on-line a l'esercizio terapeutico che il paziente dovrà eseguire in casa con il proprio familiare o fisioterapista. Visitando questa pagina puoi conoscere di più su come sia possibile iniziare con il Metodo Perfetti da casa. - Scopri il programma

Se prima vuoi ricevere una visita on-line con Valerio Sarmati per ricevere una valutazione sulla condizioni del paziente e le possibilità di recupero puoi farlo tramite questa pagina - Prenota una visita online -

Perché è difficile trovare un fisioterapista neurocognitivo?

Mi rendo conto che la domanda superi di gran lunga l'offerta, molti pazienti in seguito a ictus vorrebbero ricevere già nel primo periodo in ospedale le terapie di neurocognitiva, ma non sempre sono in grado di trovare un professionista formato nel metodo. Successivamente alle prime cure ricevute in ospedale lo stesso avviene nella clinica convenzionata dove il paziente a seconda della sua gravità verrà ricoverato. In questi anni mi è capitato di svolgere dei corsi di formazione in cliniche convenzionate specializzate nella riabilitazione dell'ictus pertanto il mio suggerimento è quello di chiedere al responsabile della struttura di essere affidati a un terapista che conosca la riabilitazione cognitiva e che abbia ricevuto una formazione specifica. Una volta terminato il periodo messo a disposizione dal Servizio Sanitario Nazionale e il paziente avrà ancora bisogno di continuare la riabilitazione privatamente potrà mettersi alla ricerca di un fisioterapista che lo visiti a domicilio e in ambito privato è più facile trovare professionisti che abbiano provveduto personalmente a investire nella propria formazione. Tuttavia è innegabile che, anche consultando web e siti social, la ricerca non sempre porti a risultati sperati. 

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Autore 
Valerio Sarmati laureato in fisioterapia e in professioni sanitarie della riabilitazione, docente di riabilitazione neurotraumatologica al corso di laurea in fisioterapia della sapienza di Roma e al master in neuroriabilitazione.

SPASTICITÀ

La Spasticità fa parte di una delle principali conseguenze post ictus ed un carattere distintivo dell'emiplegia
La spasticità è un fenomeno che spesso viene identificato nell' "ipertono muscolare". Quando parliamo di Emiplegia e di ictus cerebrale è comunemente condiviso, che la Spasticità e quindi l'ipertono, sia il problema maggiore. 
Infatti rappresenta una condizione riflessa dei muscoli difficilmente trattabile dal fisioterapista e difficilmente gestibile dal paziente emiplegico, sia che si tratti di emiplegia destra sia di emiplegia sinistra.

Questo avveniva fin quando il fenomeno della spasticità venne approfondito e correttamente interpretato. Infatti i risultati degli studi condotti dal Professor C. Perfetti e dalla sua equipe, hanno permesso da tempo di promuovere un approccio terapeutico in grado di poter mettere il paziente emiplegico nelle condizioni di poter apprendere diverse modalità di controllo nei confronti dell'ipertono e della spasticita, attraverso l'attivazione dei processi cognitivi come ad esempio un corretto utilizzo dell' attenzione. 

Stiamo parlando del "Metodo Perfetti" conosciuto anche come Esercizio Terapeutico Conoscitivo o Riabilitazione Neurocognitiva.

Cos'è la Spasticità?
Definiamo cosa sia la Spasticità e come sia possibile il suo trattamento. Il progresso delle scienze neurocognitive permette di identificare all'interno del complesso fenomeno della spasticita, un insieme di fenomeni e di elementi patologici più facilmente trattabili attraverso l'esercizio terapeutico conoscitivo. In conclusione il fenomeno della spasticità è l'insieme dei seguenti componenti di motilità elementare :

  • Reazione Abnorme allo Stiramento
  • Abnorme Irradiazione
  • Deficit di Reclutamento di Unità Motorie
  • Schemi elementari di movimento


Reazione Abnorme allo stiramento
Comprendiamo questo elemento della spasticità attraverso un esempio. Sappiamo che quando picchiamo con un martelletto il nostro ginocchio, questo si muove per riflesso, questo avviene per lo stiramento "veloce" dei recettori muscolari e tendinei, ma nel soggetto emiplegico con spasticità è diverso: il riflesso da stiramento dei recettori, è abnorme ed avviene anche con stiramenti di lieve entità e "lenti".


Se in seguito ad un trattamento riabilitativo inadeguato, la persona si trova con il braccio piegato al gomito e si prova ad estenderlo manualmente, si otterrà non altro che una risposta riflessa di ulteriore flessione. 

Nella valutazione del paziente emiplegico, il dato più rilevante da osservare, non è tanto l'entità della spasticità, ma la capacità del paziente di tenerla sotto controllo.  
Infatti, se invece di estendere il gomito senza preparazione chiediamo al paziente di dirigere la sua attenzione sull'articolazione che verrà mossa, in questo caso il gomito, e lo si fa preparare al movimento, utilizzando anche il confronto con il gomito opposto, è possibile verificare una risposta diversa: il gomito infatti, mostrerà delle possibilità diverse di movimento. 

Questo è solo un esempio, in realtà tali capacità richiedono una guida terapeutica ben strutturata.

Ma da dove nasce la reattività abnorme allo stiramento?
Consideriamo il controllo dei muscoli come se fosse affidato a "due padroni": uno legato al controllo cosciente, quindi ai processi cognitivi come attenzione memoria apprendimento ed altri, l'altro "padrone" invece di tipo riflesso, che reagisce allo stiramento, attraverso una contrazione contraria alla direzione dello stiramento.

Quando avviene una lesione al cervello come in seguito ad una ischemia cerebrale o emorragia, il padrone corticale (cosciente), perde la capacità di bilanciare l'azione del padrone midollare (riflesso), che prende il sopravvento.

Ricordiamo che per effetto della diaschisi, avviene l'inibizione a carico delle sinapsi. La riabilitazione ha il compito fondamentale di far si che questo processo di competizione vada a favorire il controllo cosciente dell'organizzazione motoria, purtroppo però, troppo spesso una fisioterapia scorretta provvede ad accentuare la spasticità attraverso il rinforzo muscolare.

Ora desidero portarti l'attenzione su due questioni fondamentali che dovrebbero farci ragionare su alcuni aspetti della riabilitazione e della spasticità.

1) l'ictus è un danno al cervello e limita le sue funzioni cognitive, non è un danno dei muscoli, pertanto il trattamento deve essere rivolto nei confronti del corpo e dei processi cognitivi.

2) La contrazione muscolare è solo uno degli aspetti della organizzazione motoria, alla base del movimento c'è la nostra capacità di elaborarlo attraverso le nostre capacità cognitive, come percezione, attenzione ed apprendimento.

Quindi per recuperare il movimento è necessario recuperare queste facoltà.
Il superamento della reattività allo stiramento e della spasticità, permette al riabilitatore di condurre il paziente ad apprendere un movimento sempre più evoluto. Questa spiegazione di uno degli elementi della spasticità, anche se certamente incompleta, serve ad introdurti sulle differenze che offre la terapia neurocognitiva rispetto le altre proposte fisioterapiche.
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Abnorme Irradiazione

Anche questo aspetto della Spasticità lo ritroviamo nel soggetto sano. Infatti l'irradiazione serve per risolvere un problema motorio, quando ad esempio devi sollevare una valigia pesante, anche il braccio opposto parteciperà al movimento. 


Questo è un esempio di irradiazione, che nel soggetto sano ha un significato funzionale: serve per svolgere più efficacemente un compito. 

Ma cosa accade nel soggetto emiplegico? 
A causa dell'irradiazione e dunque della Spasticita, l'attivazione di muscoli diversi da quelli impegnati direttamente nell'azione non sono funzionali all'azione stessa, ma sono sempre gli stessi, quindi non sono variabili. 

Spesso la spasticità (l'irradiazione), investe quei muscoli che sono coinvolti negli schemi sinergici patologici, un esempio è quello di flessione del braccio, chiusura della mano, di estensione della gamba e supinazione del piede.

Per questo accade che in seguito ad uno sforzo lieve si manifesta spesso l'attivazione di queste sinergie, anche durante il cammino infatti è possibile notare la flessione del braccio e la chiusura della mano, e la inclinazione del piede verso il bordo esterno tanto da portare alcuni sanitari, a prescrivere alcuni sostegni rigidi detti molle che impediscono tale fenomeno

Vedremo in seguito, come l'utilizzo di tali ortesi, sia per gli arti superiori che per gli arti inferiori siano non solo inefficaci, bensì dannosi per il paziente, tanto da far aumentare la spasticità ed instaurare la patologia spesso in modo irreversibile

Anche questo aspetto della spasticità, l'irradiazione, è fortemente suscettibile al trattamento riabilitativo e alle capacità di apprendimento per il controllo di questo fenomeno. 
In realtà se la riabilitazione viene effettuata in modo corretto, sin dai primissimi giorni in seguito all'ictus, la spasticità, dovrebbe non comparire o perlomeno essere presente in minima parte. 

Schemi elementari
Questo altro elemento della spasticità può essere spiegato attraverso il fenomeno della diaschisi, sappiamo infatti che i primi circuiti neuronali che vengono riattivati in seguito alla lesione sono quelli rappresentati da circuiti semplici, con poche sinapsi. 


Un esempio è quello di elevazione dell'anca durante il cammino, quello che viene definito "andatura falciante", questo tipo di movimento rappresenta uno schema semplice di movimento perché stereotipato, in definitiva compare ogni qual volta che il soggetto tende a fare un qualsiasi movimento con l'arto inferiore. 

Anche questo aspetto della spasticità deve essere superato dal trattamento riabilitativo, o come abbiamo detto prima, bisognerebbe far si che non compaia affatto, perché l'apprendimento di tali schemi preclude l'apprendimento di nuove e più evolute possibilità di movimento. 

Spesso, purtroppo, l'errore che si commette in riabilitazione è quello di potenziare la spasticità e tali schemi elementari di movimento, perché come nel caso dell'elevazione di anca permettono uno spostamento più veloce del paziente, ma quel tipo di spostamento è lontano dal potersi definire cammino di qualità.

Deficit di reclutamento di unità motorie
E' forse uno degli aspetti più evidenti dello specifico patologico del paziente emiplegico e della spasticita, perché fa riferimento alla incapacità di reclutare unità motorie (contrarre i muscoli). 


Rappresenta infatti uno degli elementi che in genere il fisioterapista cerca di recuperare per primo attraverso il rinforzo muscolare. 
Ma questo tipo di approccio definito muscolare, non premia dal punto di vista del recupero, per il primo motivo fondamentale che l'alterazione del movimento del paziente emiplegico, non nasce da un problema dei muscoli, poi perché la contrazione muscolare rappresenta solo uno degli aspetti della complessa organizzazione motoria, alla base della quale vi è una altrettanta complessa organizzazione dei nostri processi cognitivi. 

Pertanto se vogliamo recuperare la possibilità di "contrarre i muscoli" o per meglio dire di organizzare il movimento dobbiamo agire da punto di vista terapeutico sui processi cognitivi, da qui deriva il successo della Riabilitazione Neurocognitiva.

In conclusione, trattare la spasticità come fenomeno unico, senza considerare tutti gli elementi di cui è composta non permette una corretta interpretazione della patologia e porta purtroppo ad intraprendere trattamenti incoscienti con troppa leggerezza, come il trattamento con botulino, o l'utilizzo di split, molle o altre ortesi che spesso rappresentano un vero e proprio ostacolo al recupero funzionale, potenziando gli elementi patologici come la spasticità e non intervenendo realmente sul vero problema.


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Autore 
Valerio Sarmati laureato in fisioterapia e in professioni sanitarie della riabilitazione, docente di riabilitazione neurotraumatologica al corso di laurea in fisioterapia della sapienza di Roma e al master in neuroriabilitazione.

-- EMIPLEGIA SINISTRA

valerio sarmati esercizi ictus
Emiplegia Sinistra e le caratteristiche del paziente emiplegico sinistro, sono argomenti fondamentali per comprendere le problematiche di chi vive gli esiti di un ictus cerebrale che abbia colpito l'emisfero destro del cervello

Conoscere le specifiche principali di un’emiplegia sinistra, ci permette di comprendere al meglio i comportamenti del paziente emiplegico sinistro e ci consente di individuare il migliore trattamento di riabilitazione
Chiariamo fin da subito che nelle pagine di questo sito parleremo di emiplegia e di emiparesi come sinonimi, in quanto la differenza di gravità della paralisi che vogliono rappresentare, oltre a non essere chiara e misurabile non ci aiuta nel nostro obiettivo che è quello di capire come organizzare la fisioterapia quando ci troviamo di fronte a un’emiplegia sinistra e a un’emiplegia destra. 
Se per il paziente emiplegico destro è evidente il frequente disturbo linguistico (afasia) e quella che viene definita Aprassia, per il paziente affetto da emiplegia sinistra, i disturbi risultano più complessi e difficili da individuare. La differenza va ricercata nei diversi ruoli svolti dai due emisferi cerebrali. Ricordiamo anche che gli emisferi cerebrali producono un controllo incrociato nei confronti del corpo, ovvero l'emisfero destro del cervello controlla la parte sinistra del corpo e viceversa, per questo un’emiplegia sinistra ha come causa una lesione controlaterale, dell'emisfero cerebrale destro. 
Il paziente con un’emiplegia sinistra dal punto di vista scientifico ha ricevuto meno attenzioni del destro proprio perchè l'emisfero danneggiato veniva ritenuto non dominante a differenza di quello opposto in grado di regolare le funzioni del linguaggio e il movimento del lato destro del corpo. Di seguito riportiamo le caratteristiche principali che un paziente con emiparesi sinistra può presentare.


il Neglect: noto anche come Eminattenzione o Eminegligenza spaziale, è una sindrome che comunemente viene attribuita al deficit di esplorare lo spazio visivo di sinistra. Non è un disturbo della vista, piuttosto la difficoltà di considerare e portare l'attenzione verso lo spazio di sinistra. Questo disturbo giustifica anche in parte le difficoltà di movimento che incontra il paziente emiplegico sinistro, che sono relative alla sua difficoltà di prestare attenzione al "mondo di sinistra", compreso il suo stesso corpo e con esso l'ambiente circostante. Si tratterebbe quindi di un deficit di attenzione esterna, ma anche interna al corpo. È fin da subito comprensibile come queste osservazioni siano fondamentali per definire come debbano essere strutturati gli esercizi. Non sarà più sufficiente chiedere al paziente di sforzarsi di guardare verso sinistra o di risolvere dei rompicapo visivi, il paziente dovrà svolgere degli esercizi dove dovrà percepire il suo lato sinistro del corpo, portarci attenzione e recuperare la capacità di gestire le informazioni provenienti dallo spazio interno e non solo quello esterno.

Anosognosia: un’altra sindrome che insieme al neglect in genere riscontriamo nel paziente con un’emiplegia sinistra e che descrive la difficoltà del paziente di riconoscere la propria condizioni patologica. Non si tratta di un meccanismo di difesa psicologica messo in atto dal paziente per evitare un argomento fonte di dolore come quello della sua malattia, bensì alla perdita di efficenza di un vero e proprio processo cognitivo a causa dalla lesione all'emisfero cerebrale destro. Il paziente potrebbe negare il fatto di avere una paralisi o nello specifico difficoltà di movimento di arto superiore e arto inferiore.  
Come quadro clinico, l'anosognosia può presentarsi con forma e gravità diverse, infatti il paziente potrebbe essere completamente consapevole della sua patologia, di aver subito un ictus, potrebbe anche sapere nel dettaglio se i danni cerebrali subiti siano il frutto di un attacco ischemico o di un’emorragia, e del tutto cosciente di tutti i sintomi inclusa la paralisi della mano o del piede, ma allo stesso tempo potrebbe sottovalutarne le problematiche e sentirsi più "sano" o in "salute" di quanto non lo sia e prendersi dei rischi svolgendo attività troppo complesse. Es: il paziente che in ospedale perde l' equilibrio e cade cercando di alzarsi per andare in bagno mentre è evidentemente paralizzato o il paziente che vedendo la bicicletta in garage prova a montarla nonostante cammini ancora con grandi difficoltà. Gli esperti del recupero con competenze di neuroscienze, sono chiamati a considerare qualsiasi sfumatura di questi disturbi perchè sono fondamentali per impostare i trattamenti di riabilitazione per il recupero del paziente post ictus. Questi due aspetti patologici appena citati nell' articolo quando associati danno luogo ad una serie di vicissitudini e difficoltà, che i pazienti affetti da emiplegia sinistra incontrano tutti i giorni, che però troppo spesso diventano oggetto di aneddoti curiosi e mira di fraintendimenti.
Chi si occupa di riabilitazione, ha il compito di tradurre "l'aneddoto" in un dato riabilitativo in grado di guidare al meglio la costruzione delle migliori strategie di riabilitazione per il recupero un’emiplegia sinistra. 

Emiplegia Sinistra Cause sintomi e conseguenze 

L’ictus è tra le cause principali di un’emiplegia e a sua volta l'ictus trova le sue cause in un’emorragia o una ischemia, entrambi fattori che provocano delle lesioni cerebrali: quest'ultime le vere cause di un’emiplegia. Per chiarezza ricordiamo che il controllo del corpo da parte degli emisferi cerebrali è incrociato, pertanto le cause di un’emiplegia sinistra sono date da alterazioni cerebrali dell'emisfero destro. 
L’ictus non è l'unica causa di danni cerebrali, infatti questi sono possibili a causa di un trauma cranico, di un tumore della rottura di un aneurisma o malformazione arterovenosa ( che comunque conducono a una emorragia). Per quanto riguarda i sintomi non è corretto parlare di veri e propri sintomi di emiplegia, in quanto l'emiparesi stessa è un segno dei danni cerebrali e nemmeno possono essere definiti dei sintomi veri e propri i sopracitati disturbi legati all'eminegligenza spaziale unilaterale e all'anosognosia. È appropriato parlare di sintomi nel caso della patologia a monte, l’ictus e che è possibile approfondire in questa pagina dedicata ai sintomi
È il caso invece soffermarci sui contenuti delle conseguenze di un’emiplegia perchè è su queli che la fisioterapia dovrà incidere per ottenere il recupero. 

Emiparesi e spasticità

La conseguenza più evidente è quella motoria, infatti la parola stessa emiplegia significa paralisi di una metà, e per chiarezza si differenzia da l'emiparesi solo perchè indica una perdita maggiore della componente motoria mentre il termine emiparesi indica un disturbo parziale o perlomeno più lieve (negli articoli del sito tratteremo tuttavia questi termini come sinonimi, è una distinzione che in ambito medico riabilitativo ai fini del razionale della fisioterapia non assume una grande importanza). La paralisi motoria caratteristica di una emiparesi è spesso accompagnata da un’altro elemento della patologia dovuto alle lesioni cerebrali che è la spasticità
Abbiamo approfondito il tema della spasticità in altre pagine per questo qui ci limiteremo a inquadraral come un insieme di alterazioni del tono muscolare e della qualità dei movimenti di tipo intenzionale e riflesso, in altre parole il paziente soffre di un rigidita di alcuni importanti gruppi muscolari mentre altri al contrario appaiono paralizzati. La spasticità è oggetto di attenzione dell'area medica e di quella della riabilitazione perchè entrambe sono alla continua ricerca di possibilità di cura farmacologiche e meccaniche. 

Emiparesi e processi cognitivi

Anche se parlare di alterazione dei processi cognitivi nel caso di ictus ed emiparesi non è ancora molto diffuso, è di fondamentale importanza approfondire questo tema. La diagnosi medica spesso riporta più compiutamente il problema motorio del paziente quello legato alla paralisi e quello in relazione all'ipertono mentre il deficit cognitivo viene attribuito spesso solo a quei pazienti che presentano lacune evidenti nel ragionamento e nell'orientamento nello spazio e nel tempo. Allo stesso modo i pazienti colpiti da ictus riferiscono con determinazione che i loro problemi sono a livello del movimento, del muscolo, ma che con la testa sono gli stessi di prima. Questo è un malinteso piuttosto comune, ma dobbiamo fin da subito far presente che quando ci riferiamo alle funzioni cerebrali e ai processi cognitivi, non stiamo parlando dell'intelligenza o della personalità del paziente, che potrebbe non aver subito alcuna perdita anche in seguito a una lesione come quella data da un ictus, tuttavia tale lesione ha coinvolto il cervello e le funzioni del cervello sono funzioni cognitive, anche il movimento stesso è parte di una funzione cognitiva, perchè per muovere l'organismo ha bisogno di analizzare il contesto, fare una previsione del movimento, fare ricorso alla memoria, percepire gli effetti del movimento apprendere nuove abilità. Sono queste le abilità cerebrali che l'ictus altera in seguito alla lesione, sono tutte capacità che si riferiscono alla gestione del corpo in movimento. Purtroppo la riabilitazione riesce con molta difficoltà a studiare tali aspetti e sopratutto tradurli in esercizi, ma ad oggi non risulta più possibile affrontare un percorso di fisioterapia dopo ictus che non coinvolga le funzioni cognitive e si diriga solo sulla parte fisica del corpo. Ne deriva che il trattamento riabilitativo del paziente emiplegico sinistro, non sarà rivolto al rinforzo muscolare e la spasticità non verrà considerata come un problema solo muscolare, ma il trattamento per il recupero in seguito ad ictus ed emiplegia sinistra dovrà considerare nello stesso momento: il corpo, le funzioni alterate come la deambulazione e la capacità di prendere e manipolare oggetti, ed i processi cognitivi. 

Fisioterapia e Riabilitazione post ictus 

Quanto appena discusso sulle conseguenze di un ictus e la caratteristiche di un’emiplegia sinistra ci consentono di identificare il tipo di riabilitazione più ragionevole nei confronti del recupero del paziente con emiparesi. 
In passato e per lungo tempo la riabilitazione era solo rivolta al muscolo, ma successivamente la neurofisiologia ha permesso di comprendere molti meccanismi dei riflessi che sono alla base del movimento ( Bobath, Kabat, Vojta) e ancora successivamente alla fine degli anni sessanta la stessa neurofisiologia insieme ad altre discipline scientifiche come la psicologia scoprivano l'importanza dei processi cognitivi per il comportamento umano e insieme allo sviluppo nel campo dell'ingegneria medica con lo sviluppo del neuroimaging (TAC, Risonanza magnetica funzionale). Questo sviluppo scientifico insieme alle intuizioni di un medico italiano Carlo Perfetti hanno permesso il nascere di una nuova teoria della riabilitazione di tipo neurocognitivo, per la quale la qualità del recupero dipende strettamente dalla modalità attraverso la quale il paziente è in gradio di attivare i propri processi cognitivi sia spontaneamente sia con l'aiuto del fisioterapista. Dagli studi ed esperienze cliniche di Perfetti nasce l'approccio riabilitativo che prende il nome di riabilitazione neurocognitiva secondo Perfetti, ma che comunemente viene chiamato Metodo Perfetti e gli esercizi sono proprio rivolti a considerare le alterazioni cognitive del paziente, facendo anche cura a distinguere con attenzione le diverse caratteristiche di una paziente con emiparesi a destra o di uno con emiparesi a sinistra perchè le due paralisi ricordiamo dipendono da danni cerebrali a due diversi emisferi. 

Riassumendo: I disturbi legati all'emiplegia sinistra, si manifestano come deficit motori (spasticità, ipertono, difficoltà nel camminare e nel movimento di braccio e mano), ma queste espressioni visibili, sono il risultato della lesione cerebrale che ha compromesso le capacità del soggetto di poter organizzare al meglio i suoi processi cognitivi. terapia 

Risorse Utili 

Di seguito troverete alcune risorse che possono essere utili per gestire l’ictus la terapia e per approfondire il tema del Metodo Perfetti 

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Programma di Riabilitazione diretto dal Dott. Valerio Sarmati 

Dal 2008 il Dott. Valerio ha messo a disposizione un programma di riabilitazione che i pazienti insieme ai propri familiari e ai loro fisioterapisti possono seguire a distanza. Il paziente viene attentamente visitato utilizzando dei sistemi di valutazione studiati appositamente per il paziente post ictus, viene elaborato un piano di esercizi personalizzato e poi viene affidato tutto il materiale video necessario per imparare gli esercizi da eseguire. Il paziente con il familiare e il suo fisioterapista invierà periodicamente i video di come esegue gli esercizi in casa agli specialisti del team per ricevere le correzioni e i suggerimenti per perfezionare l'esecuzione degli esercizi. È importante coinvolgere la famiglia nel processo di recupero dei pazienti colpiti da ictus cerebrale perchè la fisioterapia richiede molte ore di impegno e i familiari possono garantire una risorsa importantissima per la terapia. 

Risorse Utili


Libro InteraMente

Nel mio libro InteraMente racconto molte storie di pazienti con emiplegia sinistra. Se ti va di approfondire l'argomento lo puoi trovare su Amazon tramite questo link https://www.amazon.it/dp/B08NDRD6HH 





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Valerio Sarmati laureato in fisioterapia e in professioni sanitarie della riabilitazione, docente di riabilitazione neurotraumatologica al corso di laurea in fisioterapia della sapienza di Roma e al master in neuroriabilitazione.

-- EMIPLEGIA DESTRA

L’emiplegia destra è una conseguenza dell’ictus che va distinta dall’emiplegia sinistra, non solo per il lato in cui si manifesta la paralisi, ma anche per le sue caratteristiche specifiche.
L’emiplegia destra è il risultato di un ictus cerebrale e conseguente danno dell’emisfero sinistro del cervello, essendo il controllo del corpo incrociato, anche se come vedremo più avanti quando parleremo dell’Aprassia, il discorso è più ampio.

L’errore che spesso viene commesso nella riabilitazione post ictus è quella di offrire una terapia  NON specifica per emiplegia destra ed emiplegia sinistra e ancor di più, approfondendo nello specifico il Metodo Perfetti, ci renderemo conto che ogni paziente emiplegico, ha bisogno della SUA specifica e personale riabilitazione.

Cosa hanno in comune Emiplegia destra ed Emiplegia sinistra?
A prima vista il grande elemento in comune tra emiplegia destra ed emiplegia sinistra sembrerebbe la  spasticità. Quello che non appare evidente però è che l’emiparesi, origina da una alterazione dei processi cognitivi diversa. Ti ricordo infatti che il movimento è reso possibile grazie alla complessa organizzazione dei nostri processi mentali.
Ti suggerisco di interpretare il movimento ed il comportamento, come solo la punta dell’iceberg dove al di sotto risiede una vera e propria montagna sommersa di processi mentali e cognitivi ben organizzati che ne permettono l’espressione. 
Ovviamente un ictus cerebrale danneggiando il cervello, altera proprio la capacità di organizzare i processi cognitivi che permettono il movimento. Si sente spesso parlare delle diverse competenze dell’emisfero destro e sinistro che partecipano con diversi contributi a quella che è la nostra motricità, il nostro comportamento ed il nostro linguaggio, quindi risulta evidente che nonostante ci siano caratteristiche in comune, tra emiplegia destra ed emiplegia sinistra ci siano certamente delle differenze.

Quali differenze tra Emiplegia destra ed Emiplegia sinistra?
Avrai sentito parlare del fatto che nell’emisfero sinistro del cervello risiede la nostra capacità di linguaggio, è vero in parte, cioè non tutta la nostra capacità di comunicare risiede nelle attività dell’emisfero sinistro, ma quella più evidente che in seguito ad una lesione dell’emisfero sinistro fa presupporre proprio una sua dominanza sulle proprietà di linguaggio. Sono proprio i disturbi del linguaggio ad essere spesso associati all’emiplegia destra: le cosiddette afasie.

Afasia
Dobbiamo considerare che il linguaggio e il movimento condividono molti processi cognitivi, per questo possiamo definire l’afasia come l’incapacità di organizzare la comunicazione.
L’afasia è un problema complesso per chi si occupa di riabilitazione e di logopedia, infatti spesso viene confusa con l’amnesia delle parole, ed erroneamente si richiede al paziente emiplegico destro di ripetere all’infinito determinate parole con la speranza che possa impararle e ricordarle.
In realtà ti anticipo che nella maggiorparte dei casi l’afasia non consiste in un problema di parole, così come l’emiplegia non consiste in un problema di contrazioni muscolari, bensì nella difficoltà di accedere a determinate regole e forme linguistiche in un determinato momento e contesto.

Aprassia
L’aprassia è una caratteristica frequente dell’emiplegia destra ed è il risultato dell’alterazione dei processi cognitivi come l’attenzione, l’apprendimento e la capacità di effettuare trasformazioni tra diverse modalità informative come linguaggio, visione e percezione. Quest’ultimo passaggio può sembrare meno chiaro, ma è lo specchio della complessità che ruota intorno al problema dell’aprassia, spesso infatti diagnosticata con difficoltà e trattata raramente con terapie specifiche e mirate. 
L’aprassia è un quadro clinico assai complesso, ci sono alcuni test che ci permettono di evidenziare alcuni aspetti dell’aprassia, personalmente utilizzo il test di De Renzi, che consiste nella richiesta al paziente di imitare alcuni gesti e sulla base della qualità della riproduzioni di questi gesti eseguiti con l’arto superiore è possibile selezionare le caratteristiche specifiche delle note aprassiche presentate dal paziente emiplegico destro. 
La particolarità di questo test che deve far riflettere è che la richiesta di imitazione è rivolta al braccio sinistro, cioè quello “sano” dove comunemente si pensa non ci siano problemi di movimento, in realtà sono evidenziabili numerosi problemi di organizzazione spaziale dei movimenti come l’omissione di alcune articolazioni in gioco nel gesto e la sostituzione o cambi di orientamento, tutte caratteristiche fondamentali per un corretto comportamento motorio. È un aspetto questo che fa riflettere ancora una volta sul fatto che l’ictus cerebrale non danneggia il braccio o la gamba, bensì la nostra capacità di organizzare il movimento in modo adeguato al contesto, visto che anche sul lato sinistro dove non dovrebbero emergere problemi in realtà sono evidenziabili tali disturbi.

Risorse Utili


Libro InteraMente

Nel mio libro InteraMente racconto diverse storie interessanti di paziente con emiplegia destra Se ti va di approfondire l'argomento lo puoi trovare su Amazon tramite questo link https://www.amazon.it/dp/B08NDRD6HH 




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Valerio Sarmati laureato in fisioterapia e in professioni sanitarie della riabilitazione, docente di riabilitazione neurotraumatologica al corso di laurea in fisioterapia della sapienza di Roma e al master in neuroriabilitazione.