FAQ Domande Frequenti


Domande frequenti sull'ictus cerebrale, il recupero dell'emiplegia ed il Metodo Perfetti:


- Quanto si recupera dopo un ictus?

E' la domanda più lecita e frequente quando ciascuno di noi si trova ad affrontare il problema dell'ictus cerebrale. 
Tra l'altro è una delle domande alle quali si risponde con maggior difficoltà, in quanto risulta molto complesso individuare il futuro recupero di ciascuno di noi, infatti il recupero è strettamente legato al percorso riabilitativo che affronteremo, al danno cerebrale e alle nostre capacità di riorganizzazione. 
Ognuno di noi potenzialmente può accedere al miglior recupero che la natura ci ha messo a disposizione o  può subire l'assenza di alcun recupero e talvolta addirittura regressi, questo dipende dal tipo di esperienze alle quali verremo sottoposti. 
Per questo a tale quesito sostituisco la domanda: "chiediamoci, quale strada dobbiamo percorrere per ottenere il miglior recupero disponibile?" Ragionando, capiamo che l'ictus danneggia il cervello e le nostre abilità cognitive che ci permettono il movimento, per questo la riabilitazione deve essere rivolta alla riorganizzazione neurocognitiva e non a muscoli.
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- Dopo un ictus fino a quando si può recuperare?

C'è chi dice che dopo 6 mesi si esaurisce la possibilità di recuperare in seguito ad un ictus, altri parlano di 8 o 12 mesi. Ma esiste davvero una data di scadenza al recupero post ictus? La realtà è che nei primi mesi l'organismo gode di una vivacità maggiore di recupero, tuttavia una delle proprietà più importanti del sistema nervoso centrale è la Plasticità, per questo sarà sempre possibile ottenere del recupero anche dopo anni.
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- Se il Metodo Perfetti funziona, perchè non lo fanno tutti?

Attualmente il panorama scientifico nei confronti della riabilitazione dell'ictus non gode di conoscenze allargate e condivise da tutti i professionisti del settore. Inoltre il sistema assistenziale a causa delle ridotte disponibilità è costretta ad offrire un servizio rapido ed insufficiente dal punto di vista qualitativo.
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- Come si effettuano i passaggi tra letto e carrozzina?

È di fondamentale importanza che le rotazioni del corpo avvengano sull'arto sano, al contrario c'è il rischio di arrecare danno alla gamba plegica. Nell'articolo allegato è possibile vedere il video della spiegazione di come effettuare i passaggi con un paziente emiplegico.
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- Botulino si o Botulino no per la cura della spasticità?

Il botulino come tutti gli altri interventi nei confronti dei muscoli anzichè sul reale problema in seguito ad ictus è destinato ad avere esito fallimentare. In aggiunta si tratta di una tossina che distrugge le giunzioni tra nervo e muscolo, le stesse che saranno necessarie per il recupero del movimento.
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- Qual'è il modo corretto di alzarsi dalla sedia?

È importante ridurre il rischio di cadute durante questo tipo di attività. Il primo passo è avanzare con il bacino nei confronti della seduta per rendere meno faticoso il gesto, il secondo passaggio invece corrisponde all'abbassamento delle spalle verso le ginocchia. Infine arriviamo al momento di spingere il terreno con i piedi per allinearci definitivamente in stazione eretta.

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- È giusto legare il braccio sano del paziente per stimolarlo a muovere quello offeso?

Questa attività rappresenta una moda attuale negli stati anglosassoni che però non risulta essere adatta al recupero qualitativo del paziente emiplegico.

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- Come effettuare la mobilizzazione degli arti del paziente emiplegico?

È chiaro che il paziente emiplegico in seguito ad un ictus abbia bisogno del movimento, eccellente sarebbe unire il movimento alla stimolazione cognitiva del paziente stesso, mettendolo nella condizione di partecipare attivamente dal punto di vista mentale al movimento e non solo attraverso mobilizzazioni passive.

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- Perchè dopo l'ictus nei primi giorni il corpo è "flaccido" mentre dopo alcune settimane diviene "spastico" ?

Questo andamento fa capo al fenomeno della diaschisi che regola il recupero del paziente emiplegico e dipende dal tipo di esperienze riabilitative che possono portare ad un recupero di qualità o innescare il problema della spasticità.

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- Perchè il paziente non è collaborante ?

Il grado di collaborazione che riusciamo ad ottenere dal nostro paziente è direttamente proporzionale all'adeguatezza delle nostre offerte terapeutiche. Questa etichetta di "paziente non collaborante" infatti, viene affibbiata in genere al paziente emiplegico destro con Afasia ed al paziente emiplegico sinistro con disturbi della consapevolezza e dell'attenzione. Ovviamente di fronte a questi due pazienti dobbiamo essere noi terapisti ad adeguare il tipo di richiesta nei loro confronti, il grado di collaborazione del paziente dipende dal talento del terapeuta.

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